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Differenza tra attività commerciale e non commerciale
Le associazioni, e in genere tutti gli enti no profit, devono svolgere prevalentemente attività non commerciale. Per le associazioni ordinarie, queste sono tutte le attività svolte a pagamento a favore degli associati, che rientrano nell'ambito degli scopi associativi previsti dallo statuto ( culturali, ricreativi, assistenziali, sportivi ecc...). Per gli Enti del Terzo Settore (che comprendono gli enti del terzo settore generici, le associazioni di promozione sociale, le organizzazioni di volontariato) è lo svolgimento di attività di interesse generale, secondo la definizione ed in base all’elenco di attività stabilito all’articolo 5 del Codice del Terzo Settore, svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superino i costi effettivi dell’attività stessa (che comprendono anche le spese di gestione complessiva dell'ente).
Gli enti no profit possono svolgere attività commerciale ma tale attività non deve mai essere prevalente rispetto all'attività statutaria rivolta ai soci. Questo anche se l'intento è quello di utilizzare i proventi dell'attività commerciale per finanziare l'ente. Quindi, indipendentemente dalle previsioni statutarie, l'ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d'imposta. Questo comporta la perdita di tutti i benefici fiscali di cui l'associazione si avvale, anche per l'attività non commerciale.
Ricordimo che per le associazioni politiche, sindacali, di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche e formazione extra-scolatica, l'attività commerciale è l'attività a pagamento a favore dei soci che non rientra tra gli scopi fissati dallo statuto (ad esempio un'associazione musicale che organizza un corso di cucina ), tutte le attività a pagamento svolte verso terzi non soci, ricavi da sponsor, pubblicità e tutte le attività svolte tramite un'organizzazione di tipo imprenditoriale.
Invece, per gli Enti del Terzo Settore (che comprendono gli enti del terzo settore generici, le associazioni di promozione sociale, le organizazioni di volontariato) l'attività commerciale è:
- le attività di interesse generale di cui all’articolo 5 del codice del terzo settore, svolte in forma di impresa (cioè in modo continuativo, abituale e organizzato) e dietro pagamento di corrispettivi che eccedono il costo delle stesse attività;
- le attività diverse da quelle di interesse generale, citate dall’articolo 6 del codice del terzo settore, che devono essere svolte in via secondaria e strumentale. In particolare, i ricavi annuali di tali attività, non possono sperare il 30% delle entrate complessive del ETS o il 66% dei costi complessivi.
Inoltre, sono sempre considerate commerciali per definizione (per tutti i tipi di associazione anche se effettuate verso i soci) le attività di: cessione di beni nuovi prodotti per la vendita, somministrazione di pasti, prestazioni alberghiere, l’alloggio, il trasporto ed il deposito, gestione di spacci e mense, l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, le fiere e le esposizioni a carattere commerciale, le pubblicità commerciali, le attività industriali dirette alla produzione di beni o servizi.
Parametri di prevalenza dell'attività commerciale
Dovranno quindi essere sottoposte ad attenta valutazione le attività associative che potrebbero essere considerate o "sospettate" come vere e proprie attività commerciali (ad esempio perchè organizzate in forma d'impresa o perché dirette ad un gran numero di soci che non partecipano alla vita associativa o che si scrivono solo per partecipare ad una singola attività).
Comunque, ai fini della qualificazione commerciale dell'ente la normativa fiscale prevede alcuni parametri:
- la prevalenza delle immobilizzazioni relative all'attivita' commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attivita';
- la prevalenza dei ricavi derivanti da attivita' commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni riguardo le attività istituzionali con i soci;
- la prevalenza dei redditi derivanti da attivita' commerciali rispetto alle entrate istituzionali, intendendo per queste ultime i contributi, le sovvenzioni, le liberalita' e le quote associative;
- la prevalenza delle componenti negative inerenti all'attivita' commerciale rispetto alle restanti spese.
In ogni in ogni caso, è da rilevare che il verificarsi di una o più di queste condizioni non comporta automaticamente la perdita del requisito della non commercialità. Infatti, tali parametri dovranno essere valutati nell'ambito di un più ampio giudizio riguardante l'assetto e le attività dell'associazione.
Altro importante motivo di perdita della qualifica fiscale è la corresponsioni di compensi ai soci dell'associazione oltre il limite consentito dalla legge e l'organizzazione di attività in forma imprenditoriale.
La redazione del bilancio (economico e di missione) e dei libri sociali, sono comunque fasi molto importanti per dimostrare la corretta gestione dell'ente e il rispetto della normativa legale e fiscale.
In questa pagina trovate tutti gli articoli inerenti alla disciplina fiscale degli enti no profit.
avv. Nicola Ferrante (aggiornato al 2025)
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