Ricordiamo che la legge 266 del 1991 impone alle organizzazioni di volontariato, iscritte negli appositi registri, di sottoscrivere una polizza assicurativa contro i rischi di responsabilità civile, di infortuni e malattie professionali derivanti dalle attività svolte dai volontari.
Il decreto del Ministero Industria del 14/2/1992, che ha specificato tale obbligo, prevede:
Vi segnalamo questa interessante inchiesta della trasmissione Report, di Milena Gabbanelli, sul funzionamento del CONI, delle federazioni sportive e degli enti di promozione sportiva, andata recentemente in onta su RAITRE.
Pubblichiamo di seguito il link per vedere il reportage: http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-ebe95535-f3a3-4b70-8bf9-8cb8d51eaea5.html
Il decreto legislativo 4 marzo 2014 n. 39 pubblicato in GU solo il 22 marzo scorso, obbliga il datore di lavoro che intenda "impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori" a richiedere, prima della stipula del contratto, il certificato penale per accertarsi che il soggetto da impiegare non sia stato già condannato per reati contro i minori.
Il ministero della Giustizia elimina gran parte dei dubbi sorti sul tema, chiarendo che i volontari che operano a titolo gratuito presso parrocchie, onlus o associazioni sportive, e dunque non sono titolari di un vero e proprio contratto di lavoro, non sono tenuti all'accertamento previsto dal decreto legislativo.
Spesso c'è molta confusione sul tipo di attività che può essere svolta da una onlus e sui soggetti che possono beneficiare di tali attività. Ci si chiede ad esempio se un'associazione culturale, ricreativa o di formazione possa ottenere la qualifica di onlus. E' quindi bene precisare che enti no profit che svolgono attività generiche, come ad esempio culturali, rivolte a soggetti indistinti e senza determinate caratteristiche, non possono ottenere tale qualifica.
Alcuni si chiedono (e chiedono) se un'associazione possa dividersi in quote di proprietà proporzionali a quanto conferito dal socio nel patrimonio associativo, in analogia alla disciplina sulle società commerciali.
Spesso ci si chiede se, una volta costituita l'associazione tramite l'iniziativa dei soci fondatori, la compagine sociale possa essere limitata ai soli fondatori o si debba per forza associare altre persone. Chiariamo subito che un'associazione può essere costituita e gestita tramite i "canonici" soci fondatori, solitamente tre: il presidente, il vicepresidente e il segretario.
Certamente tale situazione non è del tutto corretta per un'associazione, cioè un ente che si propone di diffondere il suo scopo all'esterno e di svolgere attività verso una platea di potenziali soci. Inoltre, tale circostanza potrebbe far sorgere il sospetto di una gestione accentrata da parte di un numero ristretto di persone, intente a riservarsi a tempo indeterminato la direzione dell'ente o, ancora peggio, di un'attività imprenditoriale o comunque proprietaria svolta tramite un'ente associativo.
Spesso si tende a fare confusione sulla valenza e sulle modalità di riunione dell'assemblea dei soci. Questa, è una riunione formale di tutti gli associati regolarmente iscritti nel libro soci, e delibera: